In pieno Mediove sportivo, la “Su e Giù” fece irruzione a Campobasso ed affatturò la città e l’intera regione. La strega aveva i capelli blu e gialli.
Era il 1° novembre 1974, una domenica uguale a tante e col solito tran-tran. Il caffè da Lupacchioli, la Santa Messa in Cattedrale, lì a due passi: una prassi con consuetudini incallite. Onorato Dio si onorava…poi, il prossimo, passeggiando lungo il corso Vittorio Emanuele e pregustando il pranzo profumato di ragù. Per chiudere in gloria, si rincasava, ma armati di una guantiera di pasticcini. Più tardi c’era l’imperdibile appuntamento al Romagnoli per tifare rosso-blu.
E invece, no! Quella domenica non andò proprio così e anche le successive presero un altro ritmo ed altre strade.
Intanto, a mezza mattinata, in piazza Gabriele Pepe, impettito come al solito, circa settecento persone si approntavano ad una strana manifestazione sportiva. A colpo d’occhio, i partecipanti non sembravano fisicamente un granchè, anzi, erano piuttosto malmessi. Tute arrangiate e scarpe scalcagnate, senza griffe. Era il giorno atteso da una vita, avevano la febbre dentro. Avrebbero vissuto sulla propria pelle una manifestazione sportiva e mostrato di valere. Erano lì con il loro corpo dimenticato per diventare protagonisti, capaci di fare, in piccolo, quello che avevano visto fare ad altri. Fu una vigorosa spallata alla religione olimpica. Si cominciò ad incrinare il muro che essa aveva alazato ed impediva una pratica diffusa.
Quelli che stavano per infilarsi nel borgo antico non erano gli eredi di Ercole, l’eroe invincibile, il semidio fondatore dei Giochi Olimpici. Quei podisti non si sentivano superuomini, ma soltanto uomini, ed è già una fatica esserlo. Entrare nel borgo antico, era come, simbolicamente, superare le colonne d’Ercole, il luogo che gli antichi ritenevano la fine del mondo. La loro sfida fu grande ed Ercole era infuriato perchè incapace di bloccarli. Il grande domatore di leoni, il mitico fondatore delle Olimpiadi nulla potè per scongiurare il sacrilegio. Ma quando in ognuno di noi si risveglia lo spirito di Ulisse e si sale in barca con lui per conoscere l’ignoto e affrontare orizzonti e mondi mai visti, nessun domatore può addomesticare il cuore e la poesia dell’avventura umana di chi mai si stanca di cercarsi e di cercare.
Appena il gruppone sparì alla vista, più di qualcuno, un pò anche per celia, appiccò il fuoco al rogo delle maldicenze. Ma né le calunnie né le chiacchiere insulse sono riuscite a spezzare il filo che aveva legato il destino di una gara podistica alla voglia delle persone di vivere e condividere, almeno una volta l’anno, la gioia di ritrovarsi e, assieme, rivisitare la città dei passi perduti, quei vicoli incantati dove il tempo perde la sua fretta e dove è più facile riconciliarsi con sé e con gli altri.
Quando, quella prima volta il gruppone si arrampicò nella città vecchia, grande fu la sorpresa di chi si ritrovò tanta gente di fronte. Le vecchierelle, con la mantellina scura, si affacciarono alle finestre delle tendine ricamate e dall’avaro davanzale colorato di barattoli di latta gonfi di ciclamini blu, dalie fiammeggianti e bionde calendole. “Oh, Madonna, e che è?” si lasciarono sfuggire, sorridendo. E mentre salutavano contenti gli inaspettati visitatori, la memoria riportò loro in mente un vecchio fotogramma. Si rividero, giovinette, con il quartaro dei panni da lavare sul capo, mentre andavano alla fonte. La fatica di quel gesto era veramente grande, ma veniva sopportata con la grazia di una modella.
Da allora, sanno che ogni anno la “Su e Giù” sfiorerà le loro case per recuperare un passato da cui non ci si può separare. Gioiranno di quella provvisoria compagnia che rompe il cerchio di una solitudine difficile da sopportare. Tifano per la strega che, ogni novembre, con un avvincente sortilegio, cattura i bambini di tutte le età.
Nicola Palladino
(Novembre 2009)