Seguici su:

Paura, insicurezza, depressione, hanno gioco facile su questi nuovi giovani e procurano in loro ansia e disagio. Il timore di deludere, specialmente i genitori che incalzano con aspettative sempre più soffocanti o di tecnici sportivi sempre più esigenti, alimenta quel senso di frustrazione e inadeguatezza che ne consolida la fragilità e li induce all’isolamento, alla rinuncia e, addirittura, ad azioni ben più estreme. È importante avvertire e prevenire questo loro disagio. E lo sport, con le sue prerogative più esaltanti di gioco, di impegno e di sano divertimento, può essere un appropriato toccasana…

La Virtus, sempre attenta alle dinamiche giovanili, sancisce quotidianamente questa sua peculiarità e resta una delle realtà più idonee per affiancare i giovani nel loro percorso di vita.
 
Questo articolo tratto dalla rivista “Brain Point” è un importante contributo scientifico.

PSICOLOGI, NEUROSCIENZIATI ED ECONOMISTI

HANNO INDIVIDUATO I FATTORI CHE ENTRANO IN GIOCO NELLA VITTORIA:

VALGONO NELLO SPORT COME NEL LAVORO E IN QUALSIASI SFIDA DELLA VITA.

 

La vittoria ha una sua biochimica: il testosterone aumenta la competitività e aiuta ad affrontare le sfide con più fiducia in sé. Sebbene, in media, in concentrazioni inferiori, è presente anche nelle donne, i suoi livelli crescono negli atleti prima di una gara e dopo una vittoria: ciò induce uno stato psicofisico favorevole per vincere ancora, così che si crea un circolo virtuoso. Ma se vittoria genera vittoria, significa che molto dipende dal saper raggiungere uno stato mentale positivo e fiducioso, che poi si riflette sui propri parametri neurofisiologici. I vincenti sono quelli che non si mettono i bastoni fra le ruote da soli. Per riuscirvi devono vincere la guerra contro la paura, contro il dubbio, contro l’insicurezza.” dice l’americano Tymothy Gelwey, esperto di sviluppo personale e autore di numerosi saggi sulle componenti mentali della vittoria. Quindi, molto sta nel superare gli ostacoli mentali autoimposti che impediscono di raggiungere il proprio potenziale. Ecco come fare.

Superare se stessi

Supponiamo di voler provare un colloquio per un nuovo lavoro. Evitare o affrontare la sfida? “Evitare dà un esito certo: «Non saprò mai se sarei riuscito in quell’impresa, ma so di sicuro che non fallirò». Affrontare fornisce esiti più incerti: «Potrei averla vinta sul compito e padroneggiarlo, come potrei non farcela»” scrive Angelica Moè, docente di psicologia della motivazione e delle emozioni all’Università di Padova, nel suo libro Motivati si nasce o si diventa? Per saperlo bisogna provare: per vincere è necessario mettersi in gioco. “Una soluzione per superarsi in modo realistico è porsi obiettivi sempre più impegnativi ma che sentiamo via via raggiungibili, proprio come fanno gli atleti” spiega Albero Cei, psicologo dello sport, docente di Coaching all’Università Tor Vergata di Roma e autore del libro Allenarsi per vincere.

Sapersi rilassare

John Coates, neuroscienziato all’università di Cambridge, ha studiato la relazione tra ormoni e comportamenti di alcuni operatori di Wall Street: nei giorni con profitti superiori alla media, avevano elevati livelli di testosterone; al contrario, quando ad aumentare era il cortisolo, detto ormone dello stress, gli operatori risultavano più timorosi e meno audaci nel rischiare. Per vincere occorre imparare a mantenere la calma.

Concentrarsi

John Milton, neurologo dell’Università di Chicago, ha confrontato l’attivazione cerebrale di golfisti professionisti e dilettanti prima di una performance; i primi non mostrano attivazione nella corteccia cingolata posteriore che governa le associazioni di idee, quindi hanno meno difficoltà a gestire le interferenze di pensieri che passano loro per la mente. “Il cervello di un giocatore esperto, di un ballerino o di un musicista è freddo, concentrato e non ammette intrusioni” ha concluso Milton.

Credere in sé

Tutti sono stati contenti di sé stessi. “Per dare il meglio è utile immedesimarsi nelle esperienze del passato in cui ci si è sentiti vincenti e riprodurre la condizione mentale di allora” spiega Cei. Gli studi di Milton hanno anche scoperto che gli sportivi esperti non hanno attivazione nell’amigdala (area cerebrale connessa al timore) e, in genere, nel sistema limbico, coinvolto nelle reazioni emotive: durante la prova riescono a non farsi trasportare dalle emozioni. Merito di anni di allenamento. Nella vita non si può diventare insensibili ma si può imparare a condizionare le proprie emozioni. “Pensando a bei momenti, ci si accorge che le emozioni negative lasciano il campo a ciò che si sentiva nella situazione piacevole che ricordiamo”.

Non pensare al risultato

Pensare a ciò che vogliamo ottenere non ci dice il come, mentre è restare concentrati sul cosa dobbiamo fare nel “qui e ora” della situazione, che ci permette di ottenere i risultati migliori”, afferma Cei. Le aspettative influenzano la soddisfazione per i risultati ottenuti. 1l nostro cervello mette costantemente a confronto ciò che è successo con ciò che poteva succedere”, dice Scott Huettel, direttore del Centro di studi neuroeconomici della Duke University. Al termine di una gara olimpica l’atleta più contento, dopo colui che ha vinto la medaglia d’oro, è quello che ottiene il bronzo: è soddisfatto per essere riuscito a fatica a salire sul podio, mentre chi arriva secondo si rammarica di non aver ottenuto l’oro.

Evitare paragoni

In uno studio dell’Università di Bonn si sono osservate le reazioni cerebrali di 38 persone messe, a due a due, a risolvere lo stesso compito: se il compagno dava una prestazione peggiore, si registrava una maggiore attivazione del corpo striato (sistema della ricompensa). Insomma, siamo più contenti di un risultato se c’è un’altra persona che non l’ha raggiunto. Dovremmo però allenarci a evitare questi paragoni che espongono al rischio di essere sempre insoddisfatti, innescando una spirale poco fruttuosa.

Non temere la sconfitta

Se ci si fa abbattere dalle sconfitte è molto probabile che si vada incontro a nuovi fallimenti in altre occasioni. Meglio imparare dall’esperienza ma continuare a immaginare il meglio per sé. Come dice Moè: “L’atleta gareggia per i primi posti non per la sconfitta, anche se non sarà solo la vittoria la ragione per cui gioca e si mette in gioco”.