24^ Su e Giù - 1997

1997 – La lettera la su e giù

Caro direttore, ci provo: con ardimentosi arpeggi a parlarti di atletica. É quella che in un giorno novembrino, quasi sempre ingentilito dal sole complice, come un’amante segreta.
L’atletica è stata il mio mitico angelo, anche se l’ho spesso tradita, tornando al mio primo vizio: il calcio. L’ho sempre amata, però, anche se mi sono limitato a sublimarla per una volta o due all’anno, ed uno di questi coincide con una domenica di novembre. La mia gente vive questo giorno in modo semplice, indossando le tute e calzando scarpe di gomma.
Celebra lo sport, servendosi di muscoli e sudore. Corre flottando in una città curiosa e partecipe per chilometri, sino ad un traguardo che la fatica fa sembrare troppo lontano. Si gareggia sotto un cielo scontroso di un mese che parla solo di malinconia. Eppure spunta un sorriso, puntuale e gentile in questo giorno, che in tanti della mia città, segnano con un cerchietto rosso nel loro calendario, come quelli importanti da ricordare. Sono lontane le giornate cotte dal sole dell’estate. L’aria è pregna di umido. Cigolano le giunture, arrivano i primi acciacchi reumatici. Macché! Ci si tuffa nel vuoto, verso un’avventura che ha il sapore della sfida, verso un orizzonte tanto lontano, che ti aiuta a riflettere sulla tua macchina, che pur perdendo qualche colpo, ti spinge sino alla linea del traguardo.
Correre la “Su e giù” che quest’anno spegne ben 24 candeline, mi ha sempre stimolato. La tuta l’ho smessa da un pezzo.

Correvo alla periferia della città, tra fossi e valloni. Son passati tanti anni da allora. Poi la veloce illusione di un calcio al pallone e quindi ai piedi solo comodi mocassini. Nel veder tanti “grigi” come me correre la “Su e giù”.
Direttore mio, non nego di aver avuto più volte voglia di mettermi in riga; di prepararmi con zelo come da tempo fanno in tanti che sciamano festosi ed impazienti alla periferia della città. Ho più volte avvertito il prurito di tuffarmi tra la gente festosa che si appresta a vivere la dura, ma gradita fatica. La folla si inebria. L’emozione che mi provocano due squadre che si materializzano all’uscita del sottopassaggio non ha confronti.
E pure quando mi imbatto in quell’oceano umano della “Su e giù”, che impetuoso spazza l’accidia dei molisani, mi sento quasi imbarazzato. Nella mia pigra e pettegola Campobasso un coinvolgimento di gente tanto profondo merita innanzitutto rispetto, oltre che ammirazione. Quelli che corrono la “Su e giù”, pensaci bene, Michele mio, sono pari ai tifosi del lupo ai tempi della gloriosa C/1 o addirittura della serie B.

Di fronte a quelle tute variopinte, ai cappellini con visiera portata all’indietro come Roby Baggio, di fronte alle mamme e papà che scaldano i muscoli ai loro pupi e poi fanno altrettanto ai loro per non farsi tradire dal freddo e dalla fatica, mi fanno sentire manifestamente emozionato. Poi, quando lo starter fa partire il colmo tanto atteso, la marea di di gente si dipana, con un’intricata matassa, metro dietro metro, lasciando il passo ai più bravi, ai più forti di muscoli e di cuore. Gli altri, saranno comunque eroi per i loro cari e come tanti Dartagnan arriveranno comunque primi al traguardo di chi, come me, ama lo sport.
Cordialmente tuo.

Gennaro Ventresca