41^ Su e Giù - 2014

2014 – I sogni li cullerai sempre in una domenica d’autunno…

La scuola è da poco iniziata e i giardini hanno già preso a colorarsi di giallo e avana, dominanti dell’autunno. Nicola frequenta la prima elementare e ad attenderlo oggi fuori dai cancelli, c’è il suo adorato nonno. L’aria della città si è già rinfrescata perché da queste parti ci mette poco l’estate a lasciare posto alla stagione delle piogge, delle castagne, della vendemmia, dei colori che inebriano l’anima della Su e Giù. “Oggi parlerò con Nicola proprio della Su e Giù, – pensò il nonno – è già tempo per lui di conoscere le tradizioni di questa terra, amata e bistrattata, odiata e desiderata. Deve sapere da dove veniamo, comprendere le sue radici, avere con esse un legame forte perché Tagliare le proprie radici nella speranza di rifiorire meglio sarebbe il gesto inutile di un idiota’. In questo percorso una tappa obbligata è rappresentata dalla Su e Giù, manifestazione che da tempo è entrata nei su i di tutti i campobassani. Gli spiegherò il perché.
Mentre era immerso nei suoi pensieri quasi non si era accorto del suono della campanella, l’ultima della giornata, quella che segna la fine delle lezioni. Un batter d’occhio e Nicola gli ha già cinto le gambe con le sue braccia: “Ciao nonno, sono felice che oggi sia venuto. Mi porti al parco?”
Forse più tardi, ora vorrei fare con te una passeggiata parlarti di un qualcosa di bello che ci sarà a breve nella nostra città. D’accordo?”
a bene nonno.”
Hai già sentito parlare della Su e Giù?”
si, sono alcuni giorni che i bambini più grandi a scuola non parlano d’altro. Ma non ho capito bene di cosa tratta.”
Devi sapere Nicola che tanti anni fa, per la precisione 41, un signore con la barba e la pipa, che portava il tuo stesso nome, aiutato dal fratello Roberto, ebbe un’idea.
Più che un’idea, in realtà, fu ideatore di un sogno. Un sogno che in breve tempo divenne collettivo. La sua ambizione era quella di aggregare il popolo e di fornire nuovo vigore al cuore pulsante di questa città”
“E come fece nonno?”
“Attraverso lo sport. Grazie alla supremazia dell’entusiasmo e dell’ottimismo, ai sorrisi che hanno la meglio sui volti cupi. Alla bellezza dell’anima che vince i cattivi pensieri e trionfa su disonesti ed imbroglioni. Comprendi?”
“‘Ancora poco per la verità”.
“Ti spiego meglio. Per realizzare questo sogno Nicola e Roberto pensarono ad una corsa. L’atletica leggera è sempre stata il loro cruccio. La chiamano la regina degli sport. Perché in essa c’è l’essenza, non ci sono manipolazioni. Ma la corsa che avevano in mente non era uguale a tutte le altre. Questa è la corsa di tutti. Ci sono i disabili e i vecchietti come me, troverai volti sorridenti che solitamente hanno pochi motivi ed occasioni per brillare. Ci sono gli ultimi del mondo, quelli lasciati indietro da una società arrivista, gli emarginati e i diseredati. In questa corsa non ci sono distinzioni di ceto sociale e di razza. Basta avere una tuta e un paio di scarpe da ginnastica. Sorridere e avere voglia di condividere un sogno.”
“Ora capisco nonno. Quindi possono correre anche i bimbi come me? E magari potrei partecipare con i miei compagni di classe Abdul e Teisha. Anche Sonia, che in aula è sempre sola all’ultimo banco, può correre con noi?”
“Sicuro, come ti ho detto, questa è la corsa di tutti. Ancora più importante è che l’aspetto sportivo passa sempre in secondo piano rispetto al valore sociale e culturale di quest’evento. Non c’è competizione, insomma, basta solo coltivare quel sogno.
Lungo il tragitto troverai tante donne, spesso accompagnate dalle carrozzine, signori con pancioni che non tengono alla dieta, anziani con un po’ d’affanno e tantissimi bambini. In tutti c’è la gioia di esserci. Di essere protagonisti almeno per un giorno. Vedrai una fiumana snodarsi per i vicoli del nostro centro storico, conoscerai posti che ancora non hai avuto modo di vedere. La città in quel giorno veste i panni della festa e nell’aria si respira dolcezza e allegria. C’è la partecipazione del popolo, sovrano sì in quel giorno.
Campobasso deve tanto a questa manifestazione, perché è uno dei pochi eventi in città che riesca ad unire tutti, ma proprio tutti ed è forse la sola cosa vera che ci resta.”
“Nonno non vedo l’ora di prendere parte anch’io a questa festa. Voglio sorridere con i miei amici e pensare a quel sogno. Verrai anche tu a correre con noi?”
“Questa volta passo il testimone a te, dopo 41 anni di sogni, di sorrisi, di condivisioni e di uguaglianza. Vedrai che diventerà una tradizione a cui non potrai più rinunciare.
Ora si è fatto tardi, andiamo al parco. I sogni li cullerai sempre in una domenica d’autunno.”

Mimmo di Iorio

 
 
 

2014 – L’album delle meraviglie

Ho sfogliato l’album dei ricordi alla ricerca di una foto che è li, incollata da anni ed anni su un cartoncino blu come una notte senza tempo. Di fianco vi è scritto a caratteri sbiaditi dal tempo “Su e Giù, millenovecentoottantanove”.
C’ è molta gente attorno a me, ed io sono così piccolo da non riuscire a vedere altro che una foresta di gambe in frenetico movimento, come alberi aggrediti da una tempesta tropicale. Alla mia sinistra, alto come un cipresso e solido come un ulivo nodoso, c’è mio nonno.
Mi aggrappo a lui ed avanzo, deciso. Il suo volto incornicia un sorriso placido e profondo, mentre dall’alto della mia piccolezza lo guardo impaziente come a dirgli: “dai nonno, andiamo più veloce!!”
Il pensiero torna a quei giorni e agli altri che ne sono seguiti. Me li sono goduti i nonni, eccome!
Ho respirato le loro storie, navigando nel mare dei loro ricordi e come Ulisse mi sono perduto, ammaliato dalle Sirene, soggiogato da Calipso; li ho immaginati senza rughe, bambini come me, perché la Vita non è altro che uno scherzo meraviglioso in cui sembra sia sempre Presente, ma non lo è mai. Il passato rincorre il futuro che diventa passato e cosi via; si avvolge su se stessa la vita, non lasciando altri punti di riferimento se non il suo inizio e la sua fine.
Sono cresciuto assorbendo parte di loro come un frutto che dalle radici si nutre, pronto a cadere a terra e farmi a mia volta seme, pianta, radice. In silenzio ho ascoltato le loro favole, mentre mi parlavano di un mondo che non è più. Li ho amati, ed amandoli amavo ciò che a mia volta sarei diventato.
Sono passati anni ed anni da allora, e non li ho mai dimenticati.
La mano rugosa trema mentre continuo a sfogliare l’album delle meraviglie. Arrivo quasi alla fine e la trovo li, una foto attaccata su un cartoncino verde come un prato senza fine.
….c’è molta gente attorno a me, ed io sono grande quanto basta per scrutare dall’alto un mare di teste in continuo rifluire che, come onde che si infrangono sulla battigia, tornano indietro per poi rituffarsi a capofitto in avanti. Alla mia destra, piccolo come un germoglio e delicato come un fuscello, c’è una bambino. Mi aggrappo a lui ed avanzo, prudente. Il suo volto a stento riesce a contenere due occhi sprizzanti l’energia e la vitalità che avevo dimenticato esistessero, mentre dal basso della mia grandezza lo guardo implorante come a dirgli: “adagio nipote che la Su e Giù è come la Vita, va assaporata lentamente ma con ostinazione; prenditi tutto il tempo che vuoi, guardati attorno e godi di ogni singolo momento, perché non si può tornare indietro..
Chiudo l’album.
Non si può tornare indietro, è vero, ma ci si può voltare, rivedendosi in quei piccoli uomini che come frutti dalle radici sono scaturiti. Che non si dimentichino delle loro radici una volta maturi, che le annaffino per non farle seccare; che gli mostrino i colori dimenticati della gioventù in modo che il passato possa tornare, anche solo per un attimo, ad illuminare le giornate più grigie.
Del resto la Vita è uno scherzo meraviglioso in cui il passato rincorre il futuro che diventa passato.
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