47^ Su e Giù - 2020

2020 – Editoriale

La Su e Giù numero 47 non si correrà.
Abbiamo sperato, nelle calde sere di giugno che lasciavano presagire una regressione decisiva dell’epidemia, che avremmo potuto farla in barba al virus infame.
Per un attimo abbiamo accarezzato l’idea di aggregarci, ancora una volta, a migliaia, in una soleggiata, fredda, calda o piovosa domenica di novembre e stringerci il più possibile per mescolare i respiri. Le false speranze però, come un arcobaleno che colora il cielo dopo un temporale per poi dissolversi, lasciano negli occhi la scia iridescente di quello che sarebbe potuto essere. Ed è a quelle tonalità immaginate che ci siamo aggrappati per non cadere nel vortice dell’assenza.
La Su e Giù numero 47 non si correrà, ma si farà!
Come ogni anno tenderemo l’arco con tutta la nostra forza per scagliare la freccia verso il centro di un bersaglio stavolta inafferrabile, e, se non potremo toccare con mano la Su e Giù, la respireremo comunque, e la ascolteremo e la vedremo.
Per quest’anno la Su e Giù non indosserà scarpette da corsa, ma un abito elegante, e celebrerà sé stessa, la società che l’organizza, i suoi atleti, gli amici, i sostenitori e le personalità sportive e politiche della regione. Non mancherà, allora, il convegno di presentazione di una edizione eccezionale, movimentata nella sua ricercata semplicità. Diverse saranno le iniziative che verranno promosse per mantenere saldo il legame della corsa con la sua gente e vivo il suo spirito folle.
Ed è proprio ai folli che questa edizione straordinaria sarà dedicata; a quelli che vedono traguardi che ai più sfuggono, a quelli che donano la propria vita per riceverne mille in cambio, a quelli che, come il missionario marianista Luciano Levri, ricercano nel sud del mondo la propria stella polare.
La Virtus, che da sempre è innamorata delle sfide, quest’anno si appresta ad affrontarne una delle più stravaganti ma, per farlo, ha bisogno del supporto di chi, al par suo, crede nella Su e Giù e nel suo messaggio trasversale.
Caro amico, se quest’anno non potrai camminare o correre con noi, resta seduto al nostro fianco per condividere l’idea che ci accomuna.
Così facendo la Su e Giù numero 47 non si correrà, ma ci sarà.

La redazione

 
 
 

2020 – Quando si da più retta al cuore che alla ragione

Mi ha preso una gran pena perché non avevo messo in conto il virus che ha fatto saltare la più bella giornata di sport di tutta la Regione. Dico la Su e Giù numero 47, inutilmente attesa come la corsa del riscatto, dopo la pioggia battente dell’anno passato che, dispettosa, flagellò il grande happening proprio nell’arco di tempo racchiuso tra la partenza e l’arrivo.
Ho accettato la notizia dal garbato Roberto Palladino che con voce chiara, neanche fosse uscita dall’altoparlante, mi ha assicurato che la Virtus non si sarebbe arresa e che, a modo suo, avrebbe fatto il possibile per non far passare sotto traccia l’appuntamento di metà novembre. Tra i più nobili sotto l’aspetto sociale, non solo sportivo.
Dando le spalle alla fredda notizia, mi sono messo a scrivere appena ho saputo che il mio contributo letterario sarebbe finito sul pregiato foglio di carta patinata che fa da cartina di tornasole all’attività del team gialloblu e che in novembre, assieme alla routine, pubblica tutto ciò che è giusto far sapere sulla Su e Giù.
Scrivo senza chiudere le imposte, poiché non c’è niente di più bello che sorprendere una stella fissa in una cornice. Una sola. Le altre è meglio dimenticarle.
Questa notte ho un cielo irregolare e capriccioso. Le stelle si raggruppano e si sparpagliano sui vetri, come quelle migliaia di partecipanti che per decenni si sono dati appuntamento sotto il “monumento”, in attesa dello sparo dello starter.
Roberto, nella calda telefonata, mi ha voluto mettere sulla strada giusta, ricordandomi che la Su e Giù che c’è e non c’è, è ispirata alla Follia.
Parli di Follia e, inevitabilmente, ti viene in mente Erasmo da Rotterdam. Figlio di un incontro occasionale tra una vedova e un prete spretato.
A Napoli, quando uno non sta mai fermo, si dice: “Ca tene arteteca” che noi campobassani abbiamo adattato in “attreteca”. Ebbene, l’attreteca fu il modo di vivere di Erasmo. Un po’ come fanno i virtussini che non stanno certo a giocherellare coi pollici.
Erasmo, restando al “nostro”, pubblicò un libro che ha fatto scuola: “L’elogio della follia”, tradotto in dodici lingue e in quaranta edizioni. Lo dedicò all’amico Moro con il pretesto che “moros”, in greco, significa “pazzo”.
La “follia” si presenta come una bella signora che dice ai lettori che tutto quello che nella vita merita di essere vissuto è opera sua.
In fondo, i fratelli Nicola e Roberto Palladino quando si inventarono la Su e Giù, non furono che due “pazzi”.
Soprattutto quando decisero di posizionarla di domenica, a metà novembre. Quasi fossero ignari di trovarsi a Campobasso, la città dove fa freddo per undici mesi e il dodicesimo è freschetto
Cos’è una roba del genere se non una forma di follia?
Tanto vale dare il benvenuto anche all’ultima idea di creare una corsa virtuale, senza assembramenti e pericoli di contagio.
L’idea è stata pienamente condivisa anche dall’equilibratissimo Nicola Baranello, ingegnere e presidente del club. Il quale ha guardato il progetto come una scultura di Fidia o un dipinto di Raffaello. Sono queste cose
-se vogliamo- che danno sapore alla vita.

 

Gennaro Ventresca