“I miei mi avevano portato in fasce nella casa che sarebbe diventata per me il perfetto luogo dell’anima. Quando da grande ho scoperto di essere nato in una casa diversa e in un’altra zona del paese ho capito che luogo vero dove nasci è quello dove sono cresciuti i tuoi sogni.” Da La luce negli occhi, appunti di viaggio di un pittore, di D. Fratianni)
Ho pensato molto a mio padre, in questi giorni. E per trovare la tela, il dipinto, l’immagine che meglio suggerisse il messaggio che la Famiglia Virtus vuole lanciare con la Su&Giù di quest’anno, ho passato molto tempo nel suo studio, a riguardare e a spostare i suoi quadri.
Ogni volta che lo faccio sono felice, ma è una cosa che mi smuove dal profondo, che mi costringe a guardare in faccia la Bellezza: una Bellezza che è Nostalgia, Tenerezza e Dolore insieme, che è Mancanza.
Il quadro scelto per la 49^ edizione della corsa simbolo della Città di Campobasso, si intitola Ambiente – Notturno con cielo stellato e figura, ed è un olio su tela del 2005.
Forse non è Montagano, il luogo vero di cui Domenico Fratianni parla nel suo libro di memorie, il suo posto del cuore. Ma ci somiglia. È Montagano che somiglia ai tanti paesi che formano il Molise, la radice da cui non è mai riuscito ad allontanarsi e a cui ha sempre guardato, come la figura in primo piano. Forse l’uomo di profilo non è mio padre, ma gli assomiglia, e assomiglia anche a me e a tutti quelli che nelle radici credono, che dalle radici traggono linfa, che di esse sono espansione.
Domenico Fratianni ha cresciuto i suoi sogni in una casa di un piccolo borgo del Molise e ha continuato a farlo nel capoluogo, dopo esservisi trasferito appena adolescente. Non ha mai smesso di sognare, in Molise, finché ha potuto; non ha mai smesso di “guardarlo”, neanche quando la sua Pittura, l’Incisione e la passione per l’Arte lo chiamavano fuori, e vi è sempre tornato, per avere nutrimento. Per avere pace, tra le sue fondamenta, e per trovare ispirazione e dare materia alla sua Arte. Me lo diceva sempre, per sentirsi sé stesso e ricaricarsi, aveva bisogno dei nostri colori, dei nostri sapori e profumi, della genuinità della nostra gente.
La chiave del dipinto riprodotto sulla medaglia è proprio la figura in primo piano che contempla le case, il centro abitato. È l’uomo e il monito a non dimenticare dove siamo nati davvero e dove dobbiamo tornare per sentirci interi, anche viaggiando e prendendo altre strade, vivendo. A non abbandonare al disamore e all’ incuria i posti che ci hanno custoditi e ci hanno dato l’abbrivio. A coltivare, il più possibile da vicino, l’amore che pulsa nei loro interni, che abbiamo respirato, di cui ci siamo cibati. A prendercene cura, vivendoli e rispettandoli.
Il paese (qui in secondo piano) non è di per sé già un premio, non è già di suo una medaglia? E’ chiuso, stretto da alberi che lo abbracciano e lo celebrano come una sorta di corona d’alloro, quella che in latino chiamiamo laurea insignis, che nella mitologia greco-romana simboleggiava la sapienza e la gloria, che cingeva la fronte degli atleti vincitori ed era simbolo distintivo dei poeti, i cosiddetti laureati.
Non è dunque il paese il regalo vinto in partenza? A mio avviso sì, proprio perché la culla dei propri sogni, dell’educazione, degli affetti, delle prime scoperte, della consapevolezza di sé attraverso gli altri, nelle strade, nei vicoli o nelle piazze del paese, nelle corse fino al campanile o su per la collina rischiarata dalla luna, col suo pigolio di stelle. Perché ogni angolo racconta una storia, che è vita, e milioni di storie che si sono inter-cambiate, che sono passate, ma che restano ancora li, sospese, insieme alle stelle, ad illuminare il cuore della tela, che vogliono essere “raccolte” e interpretate. Restare e continuare a vivere.
“Il posto dove vivi e ti senti vivo è il centro del mondo. la provincia geografica è spesso il luogo della cultura e dell’amore.” (Da La luce negli occhi, appunti di viaggio di un pittore, di D. Fratianni)
Annalisa Fratianni
Sergio Genovese