TUTTO PER UN SEMPLICE GRAZIE
di Roberto Palladino
Ore 14,30, c’erano tutti… anzi ne mancava uno. Inspiegabilmente, ingiustificabilmente. Era stato tra i primi ad aderire all’iniziativa occupando un posto che avrebbe fatto gola a chi, pur se in ritardo, avrebbe voluto far parte della chiassosa compagnia che si accingeva a trascorre un inedito weekend nel meraviglioso scenario del Matese.
Ognuno coltivava la speranza di trovare ancora neve lassù intorno al rifugio che ci avrebbe ospitato, ma la settimana precedente non aveva sollecitato soverchie illusioni. Il tempo era stato sì capriccioso, ma non eccessivamente freddo. Man mano che ci si arrampicava sui tornanti, però, chiazze biancastre, più o meno ampie, si intravedevano tra gli alberi e lungo i bordi della strada. Le nuvole, sempre più basse e corpose, come un esercito che compatta i propri soldati per sferrare l’attacco, stavano preparando una sorpresa. Ognuno ci sperava, ma nessuno fiatava. C’era il timore di rompere l’incantesimo. In prossimità di “Bocca della Selva”, come tante farfalline, cominciarono a svolazzare le prime timide avvisaglie di neve. Il paesaggio stava mutando rapidamente e, con esso, anche gli occhi ammiccavano sbarazzini.
L’atmosfera era quella giusta. Il rifugio “La Torre”, adagiato sul versante campano della montagna, con il suo piccolo camino, i suoi spazi rabberciati alla meno peggio, i suoi letti a castello, i suoi bagni piccoli ma essenziali, la sua cucina con poco spazio, ma con molti ed efficienti fornelli, e la disponibilità e la gentilezza dei gestori costituivano il presupposto sostanziale per una due giorni in completa spensieratezza.
E così è stato. Cene, colazioni e pranzi sono solo stati intervalli di giochi, passeggiate e canti. Mai un minuto è stato sprecato e tutti, dai tredicenni ai settantasettenni, hanno condiviso, pur se con ritmi diversi, gli stessi momenti: più briosi, certamente, i primi, più attempati i secondi anche se non sono mancati momenti di autentiche sfide e rincorse a dispetto degli acciacchi che inevitabilmente il tempo accumula.
Inaspettata e assai gradita è stata la visita di Stefano Di Maria, virtussino degli anni novanta ed oggi ingegnere, che, con la sua famiglia, ci ha raggiunti nella serata di sabato. E bello è stato il suo intervento allorché sollecitava i ragazzi a fare tesoro di queste esperienze nella Virtus che assai positivamente lo hanno condizionato e sostenuto nel suo percorso di vita.
Un tripudio di colori ha investito l’intera mattinata della domenica. Sulla vasta e perfettamente innevata piana prospiciente il rifugio “Monte Orso” ci si è riversati per dare sfogo alle ultime, seppure abbondanti, energie: scivoli con slittini, padelle e fondo dei pantaloni nonché giochi competitivi di gruppo hanno animato chiassosamente la valle.
Bravo, ancora una volta, Franco ad organizzare in maniera impeccabile un appuntamento che da molti anni caratterizza l’aspetto prettamente ludico di una società che, pur ottenendo risultati strabilianti sul piano agonistico, non trascura quello associativo e culturale dei ragazzi.
Per chi opera da volontario in ambito sportivo e quindi sociale non c’è ricompensa maggiore di una riconoscenza come quella testimoniata da Stefano o di un semplice e sentito GRAZIE. E lo scrittore contemporaneo Mauro Corona sottolinea che “La riconoscenza non deve essere come la neve, che si scioglie e corre via non appena arriva il sole”.
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