UN LABIRINTO PER RICCARDO
di Roberto Palladino
Certo, non è facile far parte di una comunità che non per definizione, ma, ormai, per consolidato stato di fatto tende a isolare o, addirittura, ad ingabbiare. I disabili, gli immigrati, gli anziani, i malati perfino. Tutti, per vari motivi, costituirebbero un disagio. L’attenzione ha solo una valenza egoistica. È accettato solo chi torna utile, altrimenti via, si guarda altrove.
Si parla con enfasi dei giovani, ma nessuno li prende davvero in considerazione. Essi “sono il futuro”, ma il domani è già oggi. Non c’è più tempo per quel che sarà. La novità è già obsoleta. Il passato è come sabbia nel pugno della mano: scivola senza lasciare traccia. Non c’è più spazio per la memoria. Una società usa e getta rottama i ricordi. Quei vecchi a cui si accennava prima, che una volta costituivano il legame e la continuità della storia di ognuno, oggi sono a malapena sopportati e supportati; quei migranti che dovrebbero scuotere le coscienze per ciò che anche noi siamo stati ed abbiamo fatto, costituiscono un neo sulla pelle bianca; quei disabili, vittime di malaugurata sorte o molti dei quali, di catastrofi, sarebbero considerati zavorra per una società volta esclusivamente all’efficienza o, per taluni, addirittura vetrina compassionevole per un miserevole tornaconto; i malati, quelli di covid, tanto per stare all’oggi, sarebbero gli untori del virus ed i responsabili del suo dilagare trascurando che spesso sono proprio coloro che lo combattono in prima linea e sovente ne pagano le conseguenze… Si pensi a Li Wenliang, il medico cinese che per primo ne denunciò la comparsa e che ne fu da esso sopraffatto.
Riccardo, da poche ore nel database di questa comunità, è come nell’occhio di un ciclone. Non avverte alcuna turbolenza. Sarà incubato dall’affetto dei genitori e dei parenti prossimi e iniziato gradualmente alla vita. Quello che sarà dipenderà solo da ciò che saremo stati in grado di trasmettergli. Non sarà sufficiente circondarlo di attenzioni, ma incanalarlo nel labirinto di una società che presenta insidiosi trabocchetti difficili da superare per chi non è opportunamente scafato. I genitori certamente, ma i nonni soprattutto, dovranno fungere da apripista per orientarlo nel dilagante caos di idee e di comportamento.
Crescerà osservandoci, prendendo spunti da come ci comporteremo, dal nostro esempio, da ciò che faremo, dalla nostra coerenza. Assai meno da ciò che diremo. Dobbiamo osservarlo ed ascoltarlo e, all’occasione, essere in grado di elargirgli qualche no. Egli sarà giudice severo come imparziale e il suo giudizio e il suo avvenire decreteranno il nostro successo o fallimento.