Tornare da un campionato tricolore, seppure del Centro Sportivo italiano, con sette medaglie di cui tre d’oro, due d’argento e due di bronzo e due record italiani è motivo di orgoglio e soddisfazione. Ventidue sono stati gli atleti della Virtus che hanno preso parte alla importante competizione e ben otto gli accompagnatori.
E’ stata un’autentica sfacchinata! Per davvero! Due giorni pieni, dalle otto e trenta del mattino alle nove di sera. Senza sosta. E solo grazie ad un coordinamento minuziosamente programmato e rispettato si è riusciti a soddisfare le esigenze tecniche che la manifestazione richiedeva. A complicare ulteriormente le difficoltà c’è stato lo sdoppiamento dei campi gara che prevedeva le pedane dei lanci a quattrocento metri circa dallo stadio. Un andirivieni degno dei più complessi allenamenti di fondo. Una scelta organizzativa del C.S.I. che non è affatto piaciuta agli atleti e ai tecnici. Per non parlare poi delle premiazioni: tanto tardive che molte di esse sono state effettuate addirittura nella giornata successiva di gare con una partecipazione alquanto distratta del pubblico e finanche degli stessi atleti che, il più delle volte, avrebbero dovuto procrastinare la loro permanenza con le difficoltà organizzative e finanziarie che ne sarebbero conseguite (Leo e Letizia, solo per citare chi ci riguardava direttamente, non hanno potuto godere della soddisfazione di salire sul podio per ritirare la medaglia ed indossare la maglia di campione d’Italia). E le finali, poi. Niente salti, lanci e finali di velocità: tutti tre prove a testa e serie a tempi. Bah, mai in un campionato nazionale cose del genere! Ma il centro Sportivo Italiano non è nuovo a questi strafalcioni… Solo nella riscossione della quota di iscrizione gara, dai dieci ai quindici euro di media per ogni atleta, ha dimostrato, in questi anni, attenzione e fiscalità certosine.
Ma veniamo a noi. Le medaglie hanno senz’altro giovato al morale del gruppo, ma, con occhio più attento, si sono intraviste troppo carenze caratteriali che non hanno favorito la competitività. Lo sport serve anche a questo. Ad alimentare l’autostima e la consapevolezza delle proprie capacità: senza mirare troppo lontano, ma quel tanto che basta per garantire il meglio di sé stessi e, perché no, provare a superarsi. Non importa fallire il podio, ma provare ad offrire il meglio. Mal di pancia, scoramento, febbre, crollo psicologico hanno, purtroppo, avuto, ancora una volta, gioco facile sui nostri ragazzi. E la cosa si ripete sistematicamente, ad ogni evento importante. La vita, però, al di là dello sport, presenterà mille altre sfide a cui non si può sottrarsi. E allora, si faccia tesoro di queste opportunità di crescita!
Bravi, senz’altro bravi, gli accompagnatori. Da Franco a Cristina, da Gianni, Carlo e Loreno che con competenza e professionalità hanno soddisfatto tutte le esigenze di una trasferta alquanto impegnativa. Una menzione particolare, però, una medaglia di platino, è da assegnare a Caterina, l’impareggiabile segretaria che, seppure sottoposta, contestualmente alla manifestazione, ad un delicato intervento chirurgico alle ginocchia, ha fatto sentire, come solo lei sa fare, la sua vicinanza. La presenza sul campo dei suoi familiari, Gianni, Chiara e Lorenzo, infine, nonostante l’imbarazzante concomitanza delle circostanze, ha sottolineato la profonda armonia ed il senso di attaccamento che li lega a questa straordinaria società sportiva.
Roberto Palladino